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vena di fonte alta. 379

Jeanne aveva lasciato il suo braccio; alle ultime, sentendosi mancare, smorta socchiuse gli occhi, cercava con mano incerta, vagante, di aggrapparsi a lui per non cadere.

Atterrito, egli le cinse la vita, si guardò attorno, non vide nessuno, il nebbione era tanto denso! La sostenne, la incuorò e la rimproverò insieme, affannato. Ella si provava di respingere il suo braccio, mormorava quasi inintelligibilmente: “No, no, mi lasci, non son degna, non son degna...„. Cingendole sempre la vita, Piero si mosse pian piano per ritornare all’albergo. La povera Jeanne aveva orrore dell’albergo. “No, no„! Piero voleva farla sedere un momento, almeno, sul prato. “No, no, mi conduca alla fontana, mi conduca alla fontana!„ Pareva rianimarsi, la voce si rialzava e si rinfrancava. Piero non sapeva dove questa fontana fosse e Jeanne non riusciva a spiegarsi.

Si provò di camminare, di guidarlo. Questo le riusciva meno difficile che il parlare. Si avviò sorretta da lui, vacillando, ansando, sostando a ogni passo. Avrebbe voluto anche parlare, ma non poteva, e allora lo guardava in viso con il dolore di questa impotenza, con uno sguardo indimenticabile. Ebbe anche, nel far sosta per lo sfinimento mortale, un sorriso infinitamente triste. Una volta le parve udir voci che le venissero incontro per