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346 capitolo sesto.

“Non importa, non importa, non abbandonarmi, non abbandonarmi, quanto male mi hai fatto, Dio, quanto male! Non senti che cosa diversa è, non senti che il tuo matrimonio, la tua unione non è, non ha mai potuto essere come quella di tuo padre e di tua madre, li amo tanto anch’io, sai, caro, i tuoi morti, tanto tanto, ma perchè devono desiderare la mia disperazione, non importa, non c’è nessuno, lasciami dire, perchè, perchè? Cosa ho fatto io a loro, povera creatura? È mia colpa se loro sono morti e se io sono una povera creatura viva che ti ama tanto, non ama che te, non pensa che te, non vive che di te, caro amore mio, amore amore amore...?„

S’interruppe, rialzò il capo un momento, stava per cingere con un braccio il collo dell’amato, ma egli lo impedì; qualcuno entrava. Jeanne si ricompose, il treno partì. Ella tacque, con gli occhi lagrimosi, fino alla prima stazione. Allora mormorò:

“Quello era il medico?„

“Sì„.

“E cosa c’è di nuovo?„

“Qualche leggero, fugace segno di intelligenza da capo e lagrime, molte lagrime, mentre in passato non ha mai pianto; ma un grave deperimento fisico, progrediente„.