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342 | capitolo sesto. |
resistito non sarebbe stato possibile di lasciarla mai più, quando gli portarono il telegramma di lei da Milano. Molesto, quel telegramma. Gli garbava poco d’incontrarsi con Jeanne così presto, prima di aver fermata dentro di sè la via da tenere. Riflettendo su questa impressione sgradevole, si domandò: “l’amo io ancora?„ E subito sentì dentro di sè il freddo della risposta, lo sgomento di una propria possibile ipocrisia. Altre volte, però, nel contatto dello scetticismo di lei, del suo spirito di contraddizione, gli era parso di non amarla più ed erano state freddezze passeggere.
Partire o non partire, l’indomani mattina? Finì con dirsi ch’era meglio affrontare presto questo incontro quasi temuto. Rientrando pensoso in casa dove un giardiniere di Lugano lo attendeva per intendersi circa i rampicanti da sostituire alla passiflora morta, non potè a meno di paragonare il sentimento proprio, anche nel passato, a quello di Jeanne, di riconoscerlo tanto minore di forza e di nobiltà, di dubitare che se non fossero state, nel principio, le appassionate audacie di lei, se non fosse stato in lui un cieco desiderio di libertà, di vita e di amore, il primo incontro in ferrovia non avrebbe avuto alcun seguito.
Il sabato mattina, venuta l’ora della partenza, voci pie di memorie, voci tenere di cose gli ammollirono