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336 | capitolo sesto. |
pagni di viaggio erano, per giunta, italiani, loquaci e curiosi. Due signore noiose, molto eleganti, studiavano la sua toilette, e un signore noiosissimo, elegantissimo, studiava lei. Ell’aveva preso un angolo di sinistra, e appena il treno fischiò appressandosi alla stazione di Rovato, si alzò in piedi, si affacciò, pallida, alla portiera. Ah, c’era, e la cercava con gli occhi. La vide, ed ella gli accennò con un sorriso di venire; gli disse che c’era posto. Nel sorriso, nel saluto ell’apparve padrona di sè più assai che non lo fosse lui. Ma poi, dietro al dorso del facchino che gli collocava la valigetta nella rete, si trasfigurò in una larva di angoscia, gli sussurrò presso al volto: “pietà di me!„.
L’angolo in faccia era occupato. Piero le sedette accanto, scambiando alcune frasi indifferenti con il lei. Ella lo fece meravigliare dicendo che aveva il biglietto per Venezia. Per Venezia? Sì, certo. Jeanne sorrise, aperse un giornale, sussurrò dietro il foglio “per riguardo a Lei„, e gli occhi le si velarono di lagrime. Si morse le labbra, si vinse subito, sorrise ancora, parlò della serata di villa Diedo riuscita così bene, della graziosa fiaba di suo fratello. Piero non sapeva ascoltare, neppure le domandò il soggetto della fiaba. Ed ella continuò a discorrere. Carlino intendeva ritornare da Milano martedì. Giovedì, o al più tardi sabato, sa-