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numina, non nomina 331

scambiate fra lei e mio padre quando mio padre era emigrato e mia madre con la mia sorellina, con lo zio e la sua governante dimorarono a Oria, stentando la vita egli a Torino e loro qui. Son lettere piene di vita e di freschezza, specialmente quelle di mia madre, che mi hanno fatto spesso sorridere per certi tocchi di vivace comicità, per certi schizzi di figure umane tanto vive ch’ella vi butta giù alla brava, senza pretese, mentre mio padre adopera un linguaggio più letterario. La figura patriarcale dello zio Piero, la figura soave della piccola Ombretta, come la mia sorellina Maria è chiamata in queste lettere, n’escono così piene di bontà e di grazia! Ah! e anche così semplici! Sentivo, leggendo, come una nostalgia di quel mondo povero e puro e un disgusto del nostro; non solamente di quello tanto moderno dove vivi tu ma di quell’altro pure dove fui allevato io, del mondo Scremin con la sua vecchia parrucca e la sua vecchia cipria, con le sue grettezze segrete e le sue livree pubbliche. Ma poi un’altra rivelazione mi sorprese e mi commosse; la rivelazione di un profondo dissidio religioso tra mio padre e mia madre. Mi pare che mia madre avesse presso a poco le idee alle quali sono venuto io adesso. Invece mio padre era un fervido credente. Ma quanta vita nella sua fede, quanta purezza, quanto calore, quanto