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330 | capitolo quinto. |
ha una casetta, un po’ di bosco e qualche piccolo risparmio, pensò di fare testamento, di lasciare a me, forse per uno scrupolo di coscienza, quei mobili e anche il portafogli, che mostrò al notaio. Il notaio vi frugò dentro, si accorse che vi erano delle carte, diede loro un’occhiata e le disse di restituirmele subito perchè, senza valore per lei, a me sarebbero state care. Ella mi pregò di accettare la restituzione delle carte e anche del portafogli. Mi disse che lo aveva portato di nascosto per non lasciarlo vedere dal Tognin. Infatti lo levò, per darmelo, di sotto le prugne.
“La congedai e salii palpitante a chiudermi nella mia camera con il prezioso portafogli. Non è veramente un portafogli, è una cartella montata in velluto nero con la scritta ricamata in oro “Ingegnere Pietro Ribera„ e con molte guaine interne, due delle quali contenevano appunto delle carte.
“Oh Jeanne, Jeanne, quale lettura! Quale tenera, pacata commozione in principio e poi quale calda, torbida tempesta!
“S’indovina che mio zio non si servì mai della cartella e che dopo la morte di lui, avvenuta all’ Isola Bella, pochi mesi prima che io nascessi, se n’è servita la povera mamma come di un reliquiario.
“Prima mi vennero alle mani alquante lettere