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328 capitolo quinto.

dice, “è un po’!...„ e compie la frase sorridendo, col solito gesto della mano alla fronte. “È un pezzo„, dice, “che va dietro a domandarmi quando viene e quando viene perchè ha da dirgli delle cose, delle cose vecchie e io domando cosa sono e lei risponde che non le può dire a nessuno, ma io, già, credo... eh!„ Gli diedi l’ordine di condurmela. Poco dopo udii la voce della Leu: “Avete capito che non dovete star qui, voi? Avete capito che non dovete stare ad ascoltare? Eh? Avete capito?„ Infatti il sindaco se ne andò ridendo.

“La povera vecchia incominciò con offrirmi un canestro di prugne verdi e poi mi fece un mondo di ciarle sulla buona salute mia e sulla cattiva salute sua, sul desiderio, che la tormentava, di vedermi e sulla paura di morire prima ch’io venissi, sulla malignità de’ suoi parenti e anche del Tognin, il custode, che la credono mentecatta. Si commosse ricordando, come sempre me lo ricorda, il caffè che aveva portato a mio padre proprio lì dove stavamo, la notte ch’egli venne segretamente da Lugano, per la montagna e trovò la mia povera sorellina morta. Io non pensavo che avesse cose nuove a dirmi, supponevo che finisse col domandarmi qualche soccorso e mi feci raccontare da capo tante cose dei miei genitori che sempre mi fa piacere udire da lei, la condussi a ripetere