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numina, non nomina 327

parsa tanto sciocca e falsa ella medesima. Il fragore del tuono, i fruscii delle frondi, l’occhieggiare continuo dei lampi la ristoravano, con la sincerità loro, di tanto simulare e veder simulare. E piacevano a lui! Dio, che le aveva detto Bassanelli? Suo padre! In passato ella ne avrebbe sorriso; ma ora! Incominciò a piovere quietamente, silenziosamente. Si ritrasse dal balcone, aperse il cassetto dello scrittoio. La lettera era lì, presso la teca di argento dove Jeanne custodiva le altre di lui, il suo tesoro. Ne soleva rileggere qualcuna ogni sera, e il profumo di hèliotrope che usciva dal cassetto aperto le ridiceva le parole dolcissime a cui era solita di ritornare. Oh non questa sera! Questa sera gli occhi suoi ritornarono alle parole tristi.

“... quando udii per un momento suoni fievoli di campane grandi che parevano incommensurabilmente lontane. Venivano dall’alto e non so dire la impressione che facevano in quel gran buio, in quel gran silenzio. Stetti in ascolto con la mano all’orecchio, trattenendo il respiro. Non udii più niente. Ossia, udii una voce vicina dire nel dialetto del paese: “i campann de Püria.„ Era il custode della casa, il sindaco di Albogasio. Pensai che si fosse annoiato di aspettarmi, gli dissi che poteva andarsi a coricare. “C’è qui la Leu„ dice. “La Leu?„ faccio io. “A quest’ora?„ - “Ma,„