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320 | capitolo quinto. |
“siben che le ghi n’a puchi„, benchè avessero pochi quattrini, vestivano più abbondantemente di queste.
Sopraggiunse Jeanne, sorrise al maestro e disse alla giovine signora che forse avrebbe il piacere di passare una parte dell’estate a Vena di Fonte Alta, vicino a lei che ci aveva una villetta. Alla giovine signora balenò subito che ci sarebbe venuto anche Maironi. Arrossì molto nel rispondere, intimidita, una parola gentile, tanto quell’idea la turbava; benchè Jeanne le ispirasse, con la soggezione, una segreta simpatia, una idea vaga che quel cuore non fosse mondano quanto le abitudini esterne, un senso pietoso delle tentazioni preparatele da sfortunati casi, dal piccolo presidio cui probabilmente aveva trovato in una religione male insegnata con la parola e punto con gli esempi.
Il ballo ferveva, il “fiolo de la balia de Carleto„ si copriva d’ignominia conducendo a rovina una quadriglia, e intanto alcuni uomini serii, consiglieri del Comune, liberali, stavano a fumare, a discorrere di elezioni sul terrazzo attiguo all’Anacreontea. Un telegramma del deputato aveva loro appreso lo scioglimento del Consiglio e l’avvocato Moretti era poco persuaso di una candidatura liberale Maironi che taluno intendeva porre