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316 | capitolo quinto. |
toli, nei palazzi, nella cortesia cavalleresca dell’oratore e nel velo completo. La sola carissima signora Colomba Raselli era umilmente persuasa di non potersi consolare con tali speranze del perduto “fiocheto„. Le fate congiuravano nel palazzo della janua clara e con incantesimi riportavano la Torre dal Reno a casa, conducevano la giovine sposa e lo sposo a dimorarvi presso, facevan prigione la Lorelei e graziosamente l’assumevano a loro compagna e sorella. Il racconto e lo spettacolo finivano con un frenetico ballo pubblico intorno alla Torre rimessa in posto. Cancaneggiavano con la folla il sindaco, il signore altissimo, il signore erudito e anche i patrizi suicidi. Un inno alla gentile città ospitale, soggiorno eletto di Grazie e Genii, fu la chiusa gradita della conferenza. L’orchestrina intuonò un’aria popolare locale allargandone il tempo a segno da renderla solenne, non riconoscibile a prima vista: e sul quadrato uscì la immagine di Carlino stesso, inclinata verso il pubblico in atto di riverenza, con le braccia conserte e con una piccola Torre stretta sul cuore. Tutte le lampade brillarono a un punto fra lo scrosciar degli applausi.
La sala era già sgombra per il ballo e poche persone vi passeggiavano, mentre gli altri invitati si pigiavano ancora, fumando sigarette, sorbendo