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numina, non nomina 311

pura balenava intanto nell’anima dell’antico artefice come favilla in fiamma e nel faticoso congiungimento dello spirito con la pietra lento ascese e declinò l’arco tuo simile al corso di una vita florida e piena, alla via della bellezza nel tempo, della speranza in un cuor sapiente„.

“Vardè l’orologio„, mormorò l’uomo acido al suo vicino, “ca vedemo quanto che se ghe mete a passar sta porta„.

“Come ora„, proseguì nell’ombra la voce di Carlino, “nel dì sacro al Tonante, tu cingi di un pago sorriso le turbe che per te affluiscono, recando incensi, all’interna Dea...„.

Qui la porta tremò e disparve. Scattò al suo posto, fra gli oh, le risa e gli applausi, il busto splendido di una dama presente, dal profilo imperatorio, dal grande occhio nero, dall’omero potente e squisito. “Somiglia un poco a donna Laura„, disse il professore Dane. Jeanne trasalì. Donna Laura e il marchese Scremin erano in sala? Sarebbero stati dimenticati sulla terrazza? Mentre si applaudiva e si rideva, mentre la dama si schermiva dai complimenti degli amici e Carlino attendeva di poter ripigliare la sua stiracchiata similitudine dell’adorna porta con l’adorno esordio di una favola romantica, Jeanne uscì lesta e incontrò in giardino donna Laura, sola. Il marchese (Dio,