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numina, non nomina. 305

marchesa, piuttosto di vedere suo marito legato ai Dessalle, aveva deciso di sacrificarsi e di cedergli una larga parte dei propri beni, però a condizione di far sapere in alto che non si aspirava più al senato, di trasferirsi a Brescia, di viverci quietamente con il genero. Don Flores era l’ambasciatore. “Ma Zaneto duro; e fra lu e el sorze i ga mandà a monte tuto„. Nel dialetto del paese “sorze„ si dice un uomo astuto e a questo fondamento filologico il cavalier faceto appoggiò la rispettabile ipotesi che gridando “un sorze!„ il buon Zaneto avesse voluto designare non un topo ma sè stesso.

Intanto Jeanne aveva presentato il marchese a donna Laura, li aveva avviati entrambi, senza parere, alla terrazza di ponente dove potevano discorrere in pace. All’orologio del Santuario suonavano le dieci e mezzo. Jeanne scivolò nella sala da pranzo, si affacciò a una finestra aperta sulla valle del Silenzio, guardando i colli foschi, le nere nuvole pesanti, immaginando la terrazza lontana, alta sopra le acque oscure, la passiflora morta, il suono delle grandi campane, il cuore a lei caro, pieno di memorie, di rimpianti, di terrori, di desideri indistinti che lo contendevano a lei. Si slanciò mentalmente colà dov’egli era e sentendo che non avrebbe osato serrarlo nelle sue braccia per timore