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304 | capitolo quinto. |
con lo strepito più indiavolato, e un signore grosso uscì sulla terrazza, si accostò al gruppo. “Mi son sordo„ diss’egli. Poi raccontò ch’era arrivato Zaneto Scremin con un frak del quarantotto e una cravatta bianca che pareva una salvietta.
La venuta di Zaneto aguzzò l’appetito curioso degli uditori e il racconto fu ripreso. Cosa si fossero detto la marchesa e don Giuseppe non si sapeva. Certo la marchesa, nel congedar il prete, aveva sospirato: “ga d’esser anca i sorzi!„ quasi quasi compassionando Domeneddio per questa debolezza di aver inventato i topi. Quanto poi al fondo della cosa...
“Mi so tuto!„ interruppe il signore ch’era diventato sordo. Era infatti abbastanza bene informato. A Zaneto, per esser fatto senatore, occorreva regolare i propri affari, unificare i debiti con un grosso mutuo per ridurne l’interesse e per non avere intorno tante lingue inquiete, tanti occhi attenti di creditori. Un’operazione col Credito fondiario della Cassa di risparmio di Milano non si era potuta concludere, per difetto di cauzione. L’avvocato di Zaneto aveva proposto a Carlo Dessalle un mutuo di settecentomila lire al quattro per cento. Dessalle per il momento non aveva fondi e a ogni modo voleva il quattro e mezzo. Saputo ciò, la