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282 capitolo quinto.


La città morta era così, ma com’era la città vivente? Com’era la società? Bice voleva pure saperlo. “Se ci vengo a stare!„ E rise del suo riso breve, giovanile ancora, che faceva palpitare e impallidire Destemps. Carlino rispose che la città vivente era un mondo infinitamente più grande, vario e curioso di quel mondo piccolo dove “si vive noi„, nelle città grandi, eccetto forse in Roma e in Parigi. “E` questo delizioso mondo provinciale„ soggiunse “che vedrete alla mia conferenza, stasera; e qui ne sarà tutto pieno.„

“Non la fare, la conferenza„ disse Jeanne. “E` una cosa che non va. Vedrai, accontentati delle proiezioni. Saranno cancans da non dire. Si è già cominciato, io lo so. Scandali addirittura!„

Bice battè le mani. “La faccia, la faccia!„ Gli occhi della Gonnellina scintillarono e le sfuggí un “sì, sì!„ fra le risate di tutti, le proteste di suo padre “birbaccione di Carlino che mi ammalizia la figliuola!„ e i giuramenti di Carlino: “Ma se la mia conferenza sarà una Filotea dell’amabilità e della verecondia!„.

“Con quelle proiezioni?„ fece Jeanne. Qui successe uno scoppio di allegra curiosità. Anche la franca Bice voleva sapere. La Gonnellina taceva rossa rossa, e Laura, la gelida, taceva con indifferenza