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276 | capitolo quinto. |
o di qualche uomo celebre, esquimese o cafro, che avrà pranzato da lei„.
Era pure facile non mettere Destemps accanto a Bice. La comitiva forestiera si componeva delle due nobili dame e dell’antica istitutrice, sempre chiamate dai Dessalle con il solo nome, d’una damigella e di quattro cavalieri borghesi, sempre designati con il solo cognome. Oltre a quella turbolenta mouche du coche di Laura, danzante sulle ruote, sul timone, sulle briglie dello Stato e qualche volta intorno agli automedonti impassibili della Chiesa; oltre alla sventata, bonaria Bice, molto franca e audace nella sua maturità ufficiale di suocera e di nonna, maturità proclamata con le labbra tanto più volentieri quanto più la rinnegava il cuore fidente in una tenace bellezza; oltre al terribile Destemps dai capelli di biondo antico, dagli azzurri occhi mistici e sarcastici, v’era il fiorentino professor Gonnelli, lo Yorick delle allegre brigate a cui si concedeva ogni libertà di parola, v’era la sua figliuola, una Gonnellina di diciassette anni, con la lingua legata e i vivacissimi occhi sciolti, con un’ardente sete di vivere, la qual sete, tuttavia nel primo stadio, le bruciava il cervello in forma di entusiasmo per i libri che rispecchiavan la vita e per coloro che li scrivono. V’era la signorina Bertha, piccola, magra, senza sopracciglia, con