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numina, non nomina. 273

andare, la mattina, a Monzambano. Non ci fu verso, dovetti pigliare il treno di Lecco.

“Viaggiai, sino a Lecco, in uno stato di torpore che si mutò in agitazione grande appena fui sul battello. Mi sono domandato se non ero sulla via d’impazzire! A Menaggio mi tranquillai alquanto. Invece quando il lago di Como disparve in basso e il treno entrò nella valle alta, fra le montagne ombrose, guardando passare pratelli, campicelli, macchie di bosco, casine attorniate di alberi, stradicciuole, tetti lontani, tante cose note al loro noto posto, mi sentii un intenerimento, uno struggimento, una voglia di piangere da non dire; e insieme, Dio sa perchè, un disgusto immenso degli uomini, una stanchezza immensa della vita„.

Ella si ripose la lettera in seno, pensò a quel che veniva in seguito, ferma sul sentiero, con la mano inquieta in un fresco fogliame di alloro; e solo si mosse quando udì il giardiniere chiamar la Pape, dimandarle se là dov’ella era fossero ancora molte rose da cogliere e la Pape rispondergli che v’erano soltanto spine. “Boni per nualtri, i spini!„ replicò suo padre. “E per me no?„ pensò Jeanne con un intimo sorriso amaro.

Mentre nella sala dell’Eneide il giardiniere disponeva le rose secondo i cenni di Jeanne nel grande