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numina, non nomina. 271

lenzio. Il giardiniere Pomato, che con tutto il suo anarchismo coperto aveva una soggezione manifesta della padrona, così buona conoscitrice di fiori, così ragionevole e ferma negli ordini, così dignitosa e umana nei modi, così signorile nella figura e negli atti, quel giorno era nero addirittura e si nascondeva poco. Si era portata con sè alla vendemmia la sua figliuola maggiore Partenope, maestra disoccupata da due anni. Poichè Jeanne, veduta una lagrima negli occhi di Partenope, le ne aveva domandato due volte, e sempre invano, la ragione, rispose lui per la figliuola. Rispose, stroncando rabbiosamente disgraziati gambi di fiori, che le canaglie della Commissione scolastica municipale l’avevano respinta in un esame di concorso perchè sorella di Ciotti e perchè “no la xe sampatica„. La povera Partenope, una ragazzona tozza, infagottata negli abiti civili, con la tinta giallognola della grammatica e dell’aritmetica sulla grossa faccia villana, non era però antipatica; solo faceva pensare a una puledrona da carretta nei finimenti di un cavallo da calesse. Jeanne, benchè avesse pieno il cuore della lettera di Piero, di ansie, di foschi presentimenti, del vicino sperato incontro, parlò con pietà sorridente a quell’amaro dolore che a lei pareva tanto piccola cosa, tanto indegna di lagrime, e non era, perchè la vita di famiglia correva ben