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256 capitolo quarto.

“Caro Commendatore„, disse Bassanelli, “la femmina è l’impugnatura del maschio, Lei lo saprebbe se non vivesse fra i cori degli angeli, dei Principati e delle Dominazioni; e se mostrasse di saperlo non intendo come si farebbe torto. Questa impugnatura può essere l’amante, ma può essere anche la moglie, può essere la cuoca. Si figuri che la mia cuoca, la quale sta in casa mia da trent’anni, fa di me quello che vuole: e i suoi seduttori sono quindi miei padroni. Se fosse un cuoco gli vorrei forse bene ma non sarebbe il mio padrone. È la femminilità di quel piccolo cartoccio di grinze che mi soggioga„.

Ancora il naso di Rosina. “Signor! Don Giuseppe Flores!„

“Siamo intesi, dunque!„ disse Bassanelli. “Parlo in Suo nome!„. E mentre il Commendatore lo inseguiva con la voce, “no no, non facciamo scherzi!„ e gli giungevano sempre più fievoli i “sì! sì! sì!„ del Padovano fuggente per le anticamere, don Giuseppe Flores entrò nello studio. Il Commendatore si affrettò a incontrarlo col più sorpreso e riverente viso. Alle spalle di don Giuseppe, Rosina faceva dei gesti al padrone per chiedergli se dovesse portare ora i due caffè. Il Commendatore non pose attenzione ai suoi gesti e immaginando che don Giuseppe, rarissimo visi-