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242 | capitolo quarto. |
sequente e ha per giunta in testa un discorsino da recitare. Egli cominciò la sua recita troppo presto, appena il Commendatore rientrò nell’anticamera dall’aver accompagnato il Soldini alla scala, la interruppe, la ricominciò, parlando italiano: “prima di tutto... Ella crederà... prima di tutto... Ella crederà forse...„, mentre il Commendatore, con la sua umile affabilità, insisteva perchè egli entrasse nello studio, perchè sedesse, costringendolo a rifarsi da capo ogni momento. Finalmente gli riuscì di condurre innanzi, sotto gli occhi pacifici e benevoli dell’onnipotente abbandonato fra le braccia della sua poltrona, il discorsino.
“Prima di tutto, Ella crederà forse che io sia venuto a raccomandarmi, ma questo non è vero. Io son venuto per la giustizia, per causa della iniquità di persone che non meritano di essere il Municipio, non meritano, di una città, infatti, gloriosa, dirò. Credo che Lei saprà chi sono e cosa mi è toccato a me„.
Il paziente Commendatore, che lo guardava sempre tra blando e serio, accennò di sì. Egli sapeva che Ricciotti Pomato, da ragazzo, si era gittato nel fiume per salvare un compagno e che il suo bell’atto gli era stato fatale perchè, trattandosi di un povero figliuolo, il Municipio, la stampa, i cittadini cospicui, a forza di suonargli intorno tutte