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il caffè del commendatore. | 231 |
Giuseppe, turbato del turbamento di lei, s’imbarazzò, non sapeva che dire. Ella era forte, tanto forte che molti la credevano poco sensibile, ma ora che aveva aperto il cuore a don Giuseppe come a nessuno mai, la sua forza, fatta in gran parte di silenzio, era venuta meno. Vide a due passi, fra i pioppi, alcuni sedili.
“S’el permete„, diss’ella con voce soffocata, “qua xe belo„.
E sedette. Don Giuseppe le sedette accanto e il suo smarrimento, la sua inquietudine, il suo timore di peggio dovettero apparir tanto che la marchesa gli disse con uno sforzo: “Gnente, salo, don Giuseppe„.
Poco a poco la innocente pace del verde e delle acque solitarie, i sussurri miti degli alberi chetarono l’afflitta come in una casa ov’entrò la sventura, inconscia festività di bambini talvolta cheta, poco a poco, un amaro pianto.
“Ecco„, diss’ella, asciugandosi gli occhi con il fazzoletto. “Figurarme!„
Voleva dire che s’era commossa nell’immaginar l’Elisa in quel giardino. Don Giuseppe non capì e non cercò di capire. La pregò, un po’ a caso, ad aver cura della propria salute. “Ghe n’ò tanta!„ gli rispose; e soggiunse con insolita energia che non voleva morire, proprio no.