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il caffè del commendatore. 227

Accettò e ricominciò ad abbrancarsi la fronte con le cinque dita spiegate della destra, premendole forte e lentamente raccogliendole in un cuneo per dispiegarle e raccoglierle ancora, come uno che si trova invischiato in calcoli astrusi e non ci si raccapezza. Durante questo suo faticoso meditare la marchesa uscì molto impensatamente a dirgli che aveva bisogno di un altro favore, da lui; ed egli alzò il viso con una ingenua espressione di sbalordimento come se dicesse: un altro? Le par poco quello che ho già sullo stomaco? La marchesa non parve avvedersene, e gli parlò imperterrita dell’altissima stima in che Piero teneva il Commendatore, per le relazioni avute con esso durante il sindacato. Se il Commendatore volesse, potrebbe forse esercitare su Piero un’influenza buona. Bisognerebbe raccomandarglielo, far sì ch’egli procacciasse di vederlo spesso, di legarselo quanto fosse possibile. Si sapeva che il Commendatore professava il più riverente ossequio a don Giuseppe; chi prendere per quest’ufficio meglio di don Giuseppe? Qui non c’erano difficoltà e don Giuseppe non ebbe a ridire che sul riverente ossequio. Per verità non disse parola, fece solamente un atto di compassione per il triste inganno sul conto suo in che viveva quel bravo signore. Intanto venne il solito domestico rurale con il solito caffè e la cauta signora tirò