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216 capitolo quarto.

mai la tentazione, non avendo saputo mai, neppure al tempo della sua florida giovinezza, che fosse immaginazione. Al suo sesso era più severa e severissimamente giudicava Jeanne benchè non con parole, chè ne la tratteneva un alto senso di dignità signorile. Nel nominarla, nell’alludere a lei si faceva tetra in viso e la sua voce si coloriva della stessa ombra; niente altro. Agli uomini era meno severa perchè, secondo una delle sue massime piuttosto ferree che auree, li credeva tutti per lo meno altrettanto sedotti quanto seduttori, non ammetteva che alla vera virtù femminile alcuno ponesse assedio. Però, se giudicava Piero un sedotto, neppure le veniva in mente che la lunga separazione dalla moglie potesse scusarlo nè poco nè molto. Chi gliel’avesse detto non sarebbe riuscito che a nausearla e a perdere la sua stima.

“Io lo tratto sempre„, diss’ella, “come se non sapessi niente. E così parlo di lui agli altri: questa è la mia regola„.

Infatti in città chi rideva, chi sorrideva, chi si rattristava pietosamente di certe ingenue frasi della marchesa in lode del genero.

“Ho anche pensato„, soggiunse con infiniti stenti, “sì... non so... ecco, sì, tante cose... tante piccole cose... tanti piccoli mezzi... sì, non so... m’intenda, don Giuseppe!„