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il caffè del commendatore. 211

santa, imminente, alta, oscura sopra la visione distesa della sua lunga vita arrovesciata per modo da mostrare la faccia interiore come la sola che valesse. Non ne vedeva il gran bene irradiato a tante anime per vie nascoste alla sua stessa coscienza, senza opere, senza espresse parole di consiglio e di ammaestramento, solo con l’aura dell’essere suo puro, umile, pieno di Dio. Ci vedeva infiniti torpori, miserie, inerzie e persino mollezze, egli, austero a sè circa i desiderî del corpo quanto mite agli altri. Ci vedeva tracce di morti affetti inutilmente dati a fantasmi d’illusione e svaniti con essi, di altri affetti dati con troppo ardore a cose terrene, persino alla casa dove stava pregando, agli alberi del colle, ai fiori del giardino. Ci vedeva, come ombre di tristi vuoti, le perdute occasioni di opere buone e sminuite le opere buone dall’assenza del sacrificio, dall’obbedir fiacco al divino impulso, da compiacenze caduche del bene operato, se non viziose neppur virtuose. Vedeva tale la intera sua vita e non gliene veniva tristezza nella preghiera, ma tenero fervore. Segreto premio di quel suo riferire a Dio tutto il bene fattosi manifesto in lui e invece a sè tutte le lacune del bene, era una intima gioia di affidarsi povero alla Misericordia Infinita, di sentire Iddio con tanto maggior tenerezza di amore quanto più si riconosceva indegno. Quando