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202 | capitolo quarto. |
tose dell’illustrissimo sior Bisata? “Ah ta ta ta!„ fece il Commendatore come un altro marchese Zaneto. “Mi dica Lei, sul serio!„ Qui l’uomo acido, fiutato un pericolo nello scandagliare del Commendatore e visto il marchese Scremin mover loro incontro, come evocato da quel “ta ta ta„, con una faccia pregna di parole pronte, esclamò che adesso il Commendatore aveva faccende e “servitor suo, servitor suo„ lo piantò malgrado i richiami ufficiosi dello Scremin.
Anche il marchese accattava un colloquio per accattare altre gravissime cose, ma il Commendatore non lo potè accordare lì per lì e lo rimandò alle cinque di quel famoso lunedì. Colui parve un po’ seccato dell’indugio, avrebbe voluto parlare all’omino prima ch’egli partisse per Roma e non dopo. Intanto i due, passo passo, erano giunti al palazzo del Commendatore. Un vecchio domestico stava sull’entrata confabulando con un fattorino postale che subito mosse incontro all’umile onnipotente e gli porse, sberrettandosi, una carta. “Il promemoria per mio figlio, Commendatore. Mille grazie„. Mentre il Commendatore pigliava la carta col solito sorriso benigno, il domestico gli annunciò che lo aspettava nell’anticamera del suo studio il signor Ricciotti Çeòla; e perchè il padrone, non conoscendo il soprannome del Pomato, pareva non raccapez-