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eclissi. | 189 |
più bronzea delle faccie e Jeanne durava fatica a ricordarsi ch’era in dovere di trattarlo un po’ male, tanto poco si curava di lui e tante simili audacie di sciocchi e d’intelligenti aveva conosciute. Egli sostenne che non aveva la coscienza di esistere, ma soltanto di parere esistente e che questo era il balsamo di tutti i mali, di tutte le paure e non gli diminuiva niente la facoltà di godere, anzi gliel’accresceva, toglieva di mezzo o almeno riduceva a una semplice apparenza quella diversità fra la vita e la morte che spaventa il comune degli uomini. Fanelli prese le sue parti contro gli artisti, soli a difendere l’assoluto con una mitraglia punto metafisica d’improperii. Jeanne ascoltava in silenzio, attendendo al thè, ma gli occhi, le sopracciglia, la fronte, persino talvolta le spalle, dicevano consensi e dissensi vivaci, a vicenda; più vivaci i dissensi da Chieco e Fusarin, come se la infastidisse che proprio quei due fossero nel torto. Fusarin se ne avvide il primo e disse sdegnosamente:
“Eh, za se sa, ciò! Go torto mi„.
“Ma certo„, esclamò Jeanne accesa in volto. “Pare impossibile! È una cosa tanto evidente che ogni nostra certezza è una certezza solamente per noi, è una certezza relativa, e che il pretendere di possedere qualsiasi certezza assoluta è una illusione!„