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180 | capitolo terzo. |
moto e del riposo; apparvero facce plebee di principi dai manti pomposi, nudità carnose e calde di principesse villane, i colonnati di Aulide, le logge di Cartagine, le tende achee, gli scogli dell’isola di Calipso e delle Ebude, sfondi nebulosi di cielo e di mare. Successe uno strepito perchè Berardini e Chieco erano pazzi di ammirazione per gli affreschi mentre Fanelli sentenziava freddo e sarcastico dietro la caramella, faceva il difficile, notava le scorrezioni scandalose del disegno, tanto che Chieco gli diede del “brutto macaco„ e Fusarin gli saltò addosso con furore. “Cossa galo, el diga, sior piavolo? El me lassa star sto poro vecio che a fato sti spegassi, sala! El se contenta de scriver settessento articoli a la setimana, co quele game sugestive, in malora, co quel maledeto color che canta e co sete oto “vibrante di modernità„ el diga! Ti ti la gà co Tiepolo perchè el fasea i zenoci grossi e mi la go co Domenedio che te ga fato el muso roto!„
Trlin! Trlin! Trlin! Carlino chiama col clavecin alla sala di Omero, Jeanne richiama colla voce: “Musica, musica!„ Si risponde: musica, musica! Basta, basta! — Tutti corrono alla sala di Omero meno Chieco che cava il violoncello dalla cassa. Poichè stanno per entrare un certo signor Bach, un certo signor Haydn, un certo signor Marcello