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178 | capitolo terzo. |
Carlino saliva lo scalone della terrazza a ritroso, pian piano. “Scusate, scusate!„ diss’egli. “Aspettate! Mi hanno insegnato a Venezia questa cosa magnifica, che fa bene ai polmoni di salire le scale così. È delizioso!„
Fusarin e Fanelli lo afferrarono, lo portarono su di peso, strillando egli: “Meglio! Meglio!„ Intanto Berardini pregava Jeanne di non confonderlo con quei farabutti: egli non aveva bevuto, a cena, che acqua; essi...! E fece il gesto ipocrita della simulata ignoranza. Intanto Carlino, rassettatisi i solini, la cravatta e il bavero della giacca, si accinse alle presentazioni.
“Lasciamo queste volgarità, per amor del cielo!„ esclamò l’onorevole deputato. “Signora, io La ho veduta nei miei sogni e confido che anche Lei abbia veduto me. Lasciamo che costoro mi chiamino Berardini. Suo fratello che mi disprezza, dice — il deputato Berardini — Fusarin che mi odia, dice — il commendatore Berardini.
“Fiol d’un can!„ brontolò Fusarin. “Intanto el ghe le ga spiferae tute„.
“Non ce ne curiamo„, proseguì l’onorevole. “Lei è Lei e io sono io„.
“Signora„, disse Fanelli, “io, come il più educato di questi quattro amici di suo fratello, che non è gran lode! mi lascierò presentare„.