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eclissi. 173

nima. Poco a poco, mirando sempre la terribile parola tanto ancora piena di ombre idiote, egli si ricompose una cupa quiete nell’idea della probabile vittoria finale delle ombre, si disse e si ridisse ch’era questo il freddo giudizio della sua ragione e non la voce delle crudeli speranze. Il lume della candela smorì nei primi albori, dalle profondità del palazzo il vecchio orologio suonò le quattro, e ritornò il silenzio, il pauroso silenzio delle cose conscie.


IV.


Jeanne, partito Maironi, mandò il domestico a letto, suonò per la cameriera, mandò a letto anche costei, uscì sulla terrazza candida nel lume della luna rediviva, ritornò all’angolo d’ombra tra i fogliami tiepidi delle rose, si riadagiò sulla poltrona da riposo e sorrise a sè stessa, beata. Mai non aveva amato prima d’incontrar Maironi e neppure desiderato di amare. Nessuno dei tanti adoratori suoi aveva saputo destarle nell’anima il senso della sua femminilità profonda. Questo senso non s’era ora destato che a mezzo. L’ardore dello spirito non le aveva ancora penetrato il corpo. I suoi desideri non andavano oltre la presenza continua e