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eclissi. 169

mergli sul braccio, deliziosamente, ora più ora meno, rispondendo a ogni sua stretta. Non si parlarono più che così. I cavalli correvano, gli odori ventavano sulla via dall’una e dall’altra fiorita sponda, tutte le cose si facevano al mancar della luna più e più smorte in un languore voluttuoso, nel presentimento di una congiunzione arcana dei due astri nell’ombra.

Appena un sottile orlo di argento del rossastro globo lunare brillava ancora quando i due risalirono sulla terrazza oscura. Si sentivano sì e no nell’aria inquieta e buia gli aliti delle rose come voci di desiderio e di pena. Si vedevan sì e no le frondi porgersi in qua e in là come braccia di ciechi brancolanti. Nel chinarsi per volgere la poltrona da riposo verso il ponente ove la luna scendeva, Piero sfiorò con le labbra una spalla di Jeanne e sussurrò “Cara ombra!„ Jeanne rispose: “Io però amo la luce„. Nello stesso tempo gli sfolgorarono dentro la fronte come una punta di ghiaccio fitta e ritolta le parole: dilexerunt tenebras. Via! Via! Neppure averle pensate, voleva! Sedette accanto a Jeanne, disse forte, per il caso che qualcuno li spiasse: “Adesso, signora, facciamo gli astronomi„; e le prese una mano. “Sei stata ingiusta„, mormorò, “amaramente ingiusta quando