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166 capitolo terzo.

sata. L’ombra copriva un terzo dell’astro. Guardarono l’ora. A momenti avrebbe dovuto arrivare la carrozza.

“Spero che non vengano„, disse Jeanne. Soggiunse che il pittore veneziano era stato innamorato di lei e confessò che una volta, pure non amandolo affatto, lo trovava carino, e si divertiva delle pazzie ch’egli, malgrado i rabbuffi di lei, le diceva. Adesso non le diceva più pazzie e le era venuto a noia. Maironi finse d’intendere ch’ella rimpiangesse le pazzie di colui, fece il geloso. Risero insieme, risero deliziosamente di altri innamorati di Jeanne, del capitano Reggini, uggioso, malgrado il suo spirito, per la gelosia che si permetteva con quel bel diritto, risero di un maturo signore ammogliato della città, ambizioso dell’alloro di libertino e poco pratico del mestiere, che non s’era peritato di far l’audace e, messo a posto, aveva preso il Ponte dei Sospiri.

Una carrozza dietro a loro. Cavalli bianchi; non la carrozza Dessalle. Jeanne e Maironi si fecero da banda, nell’ombra di un muro. Principiava lì una discesa ripida, il cocchiere mise i cavalli al passo. Era uno stage pieno di signore, di ufficiali e di una chiassosa discussione astronomica sul naso del colonnello, del quale naso il capitano Reggini giurava veder l’ombra sulle montagne della