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156 capitolo terzo.

“Restiamo qui, restiamo qui„, disse il giovine con una voce tanto strana, con un accento di supplica tanto ardente che Jeanne, avviata a salire nelle sue camere, affrettò il passo. Egli balzò dietro a lei nel corridoio scuro che conduce alla scala, le gittò le mani alla vita, ma ella se ne strappò di slancio, saltò nella luce della scala. Ridiscese presto, triste, con la cameriera.

Appena il domestico ebbe chiuso alle loro spalle il cancello del giardino, Maironi chiese perdono. Jeanne non rispose. Egli si sentì gelare il sangue, si fermò sui due piedi. Jeanne gli prese il braccio, gli disse che non era in collera, ch’era soltanto triste, molto triste, di sovreccitargli tanto i sensi, di non essere intesa nei suoi slanci di amore immenso e tuttavia non sensuale. Era dolente e sorpresa di esercitare un’influenza simile sopra di lui, suo primo vero amore, mentre altri che l’avevano amata e forse l’amavano ancora, senza ricambio, si sentivano come purificati da lei, le avevan chiesto amore nel nome della loro salvezza morale. Perciò temeva di essere amata da lui solamente come una dolce liberazione dal suo passato, la quale non gli paresse completa senza un atto di offesa mortale, irrimediabile, a questo passato, senza un atto che lo legasse quasi materialmente alla sua liberatrice. Qui egli volle interromperla, ma Jeanne non lo per-