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132 | capitolo terzo. |
di partecipare alla riunione, cosa non opportuna. Oramai il dottor Záupa sapeva e poteva regolarsi. Per parte sua il cavaliere aveva espresso una semplice opinione, desiderava si discutesse ma poi non si voleva imporre.
Nell’uscire l’abate mormorò all’orecchio di Záupa: “La tenete segreta questa riunione?„ E siccome Záupa rispose di soprassalto con tanto di cipiglio e di mani levate: “Euh, diamine!„ come se si fosse trattato di un complotto per ammazzare il Papa, l’altro crollò le spalle, infastidito, fece un gesto come per dire: “Parlate!„ e lasciò trasecolato l’ingenuo Záupa, gli rallentò la foga dei “servitor suo, servitor suo„, degl’interminabili inchini a scatto con i quali soleva accompagnare alla porta i suoi visitatori. Rimasto solo, il dottor Matìo si appuntò alla fronte l’indice della mano destra guardando con attenzione intensa la chiave dell’uscio. Quando gli parve aver trovato l’altra chiave ideale che cercava, dato un omaggio tacito alla finezza dell’abate, raccolse il pensiero nelle necessità dell’ora presente e chiamò la serva.
“Quele braghe?„
“Le xe in cusina, signor„.
“Ben, quando ca sonarò, portèle„.