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eclissi. 123

e Matìo Záupa, senza rispondere alla sposa, si mise a trottare per la camera, ripetendo “ga d’essere, ga d’essere, ga d’essere„ fino a che gli capitò sotto gli occhi miopi una piccola, poco vestita donnetta di porcellana, già difesa contro le sue verecondie iconoclaste dalla vecchia signora Záupa che le chiamava “stomeghezzi„. Matío si cacciò la donnetta in una delle tasche posteriori dell’abito, dove poi la dimenticò e il donnone ebbe a pescarla l’indomani mattina col più complicato stupore.

Alle tre meno cinque minuti un discretissimo tocco di campanello fece trasalire l’onesto consigliere. Presto qua, presto là, caccia la serva ad aprire, mette in fuga la moglie dalla parte opposta, “via, via, via!„ s’incammina piano piano, in punta di piedi, verso l’anticamera, si ferma, torce e china il capo, mette una mano all’orecchio, riconosce i passi e le voci di chi sale la scala, si soffia il naso a precipizio.

Entrano due persone dall’aria piuttosto misteriosa, un laico e un prete. Il laico cava l’orologio e dice a Záupa: “Le pare?„ Záupa risponde tutto sorridente, facendo frettolosi inchini e fregandosi le mani: “Puntualissimi, puntualissimi!„ e introduce i visitatori nel salotto sacro. Il prete, figurina smilza dal viso fine, dagli occhi beffardi, era un capoccia occulto del partito, uno dei tre o quattro