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nel monastero. | 109 |
in piedi come l’Abbazia. L’occulto lavoro di tante passate tentazioni contro la fede, represse con terrore e non vinte, si manifestava ora, nell’urto della passione, con improvvise rovine.
Appena pronunciate, quasi automaticamente, le parole “je crois que non„ come colui che nudo saggia col piede una fresca corrente ed esita, ma se si sente sdrucciolare dal margine tutto di slancio le si abbandona, egli si era abbandonato al sentimento che non gli pareva più tentazione ma offerta di un Dio più vero e grande e buono del Dio appresogli da’ suoi maestri. Per un attimo, martellandogli il cuore a furia, le mura, gli archi, le colonne del monastero gli avevano roteato vorticosamente intorno. Si sentiva una furiosa voglia di cinger con un braccio la vita di Jeanne e trascinarla fuori, all’aperto, di correre l’erbe dei prati, gli oliveti, le cime dei colli, gridando al cielo la sua libertà e la sua gioia. Rideva in pari tempo, internamente, della propria voglia folle, tremava di tradirsi, si comprimeva nel petto la nuova intensa vita. E godette che Jeanne non gli fosse vicina, gli fece un acuto piacere di vederla sciolta in apparenza da lui, sapendola stretta a lui nel pensiero, ebbra di lui. E si ascoltò intanto, con profondi respiri, dilatar l’anima. Il dolcissimo sguardo lungo di Jeanne dalla loggetta dove l’acqua era stata