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nel monastero. 107

“Je crois que non„, mormorò egli malgrado sè, in una vertigine, pallido come se gli mancasse la vita.

Gli occhi di Jeanne s’illuminarono in un lampo inesprimibile di sorriso. “Quest’acqua è torbida„, diss’ella al custode attonito. Porse la tazza fuori del parapetto, versò l’acqua pian piano fino all’ultima goccia, guardandola, sorridendo, mormorando: “Che gioia, che gioia, che gioia!„

Parve allora che gli occhi suoi si aprissero alle cose. Lasciò Piero, prese amorosamente il braccio di suo fratello, volle vedere lo schizzo della porta, suggerì uno schizzo del colle imminente alla loggia ma da un punto di vista migliore, lo andò cercando per il cortile, si fece spiegare il motto del puteale “aestus, sordes, sitim pulso„, cadde in estasi davanti al magnifico lavabo sull’entrata del refettorio, trasse Carlino nella loggetta sporgente sugli orti, gli mostrò il mare verdognolo della campagna distesa fino alle torri e alle cupole di una lontana città, umili e nere sull’orizzonte; e di là, solo di là, gittò a Maironi un’occhiata dolcissima. Voltasi poi alla scena delle loggie che l’abside alta del tempio e il campanile signoreggiano, immaginò, dicendo la sua visione a voce bassa e col volto rapito, una sera di luna, un andar lento e silen-