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nel monastero. 97

inteso, protestò di non aver voluto dir questo. Che! Mai!

Intanto Maironi contemplava non il doppio giro delle svelte arcate sotto le sopracciglia graziose delle cornici di terra cotta, non la torre ascendente in atto di mediatrice fra il chiostro e il cielo, ma il disordine vivo e la foga, nel cortile, dell’erbe ubbriache di primavera. Contemplava l’erbe, pieno il cuor torbido e dolente di quella offerta d’amore immenso, dell’idea che forse Dio non esisteva o almeno ch’era un Dio diverso da quello della fede cristiana, poichè di tante preghiere, penitenze e lotte lo rimunerava permettendo che in un momento simile fosse tentato così.

“Lei ama i fiori? Quelli bianchi son gigli, vero? E quelli gialli son Dente di leone? E quelli azzurri che sono? Dica, senta un’idea carina. Non han l’aria tutti questi fiori di aver saputo che non ci son più i frati severi nè i loro asini ghiottoni, che non ci son più nè comandamenti nè precetti, e d’essere allora sguisciati fuori da quella vecchia vasca là in mezzo, di essersi dispersi per fare all’amore allegramente un po’ dappertutto? Dica!„

Volendo pure almeno una paroletta dolce per l’idea carina, Dessalle posò un dito sulla spalla di Maironi che trasalì e rispose a caso:

“Certamente!„

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