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96 | capitolo secondo. |
scuno dei suoi conoscenti non s’innamorasse di lei, gli pareva naturale che l’amore dell’uno o dell’altro giungesse a toccarla un po’, ma ch’ella potesse con un atto, con una parola, venir meno per un solo momento alla propria dignità, non l’aveva sospettato mai. Incominciava a sospettarne adesso per la prima volta e n’era, segretamente, turbato. Che sua sorella provasse una viva simpatia per Maironi, ch’egli pure stimava molto malgrado la gran divergenza delle idee, lo intendeva. Intendeva meno ch’ella curasse poco di nascondere il proprio sentimento, mentre Maironi, se pure era innamorato, sapeva dissimulare. Aveva consentito non senza qualche difesa alla gita di Praglia per timore che Jeanne ci venisse sola; e ora gli seccava che, presente lui, ella, non paga di esser corsa dietro Maironi, anche gli si attaccasse a quel modo. La richiamò a veder lo stemma del monastero e il tono del richiamo fu alquanto vibrato. Jeanne si staccò da Maironi, che non la seguì, e venne sola, a malincuore.
“Vergisst mein nicht!„, le diss’egli sottovoce, quando gli fu vicina, pigiando sul t del plurale.
Ell’alzò il viso imbronciato a guardar la stella e sussurrò:
“Credi che so condurmi„.
Carlino, contento in cuor suo di essere stato