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nel monastero. 95

“Che Carucci! Il Carucci è un monolito e io sono una costruzione infinitamente composta. Il Carucci non ha che una nota e io ne ho cento. Il Carucci è un ipocrita intellettuale. Ha finto per tanto tempo di sdilinquirsi per la bellezza che ora si crede sincero. In fondo non gusta che vino bleu, formaggio pecorino e cuoche. Lasciami dire. Il Carucci non è uno specchio delle cose multicolore, mobile, ora piano, ora cavo, ora convesso, come lo sono io che poi non scrivo. Per il Carucci lo specchio è nelle cose; egli non ci vede che sè, dappertutto sè. Lasciami dire. Oh, badate! Codesto ha ad essere lo stemma del monastero. Una stella. Bene!„

Mentre Carlino Dessalle col monocolo incastrato nell’occhio destro, alzava il suo lunghissimo naso fine, la sua smunta bruna faccia originale verso lo stemma del monastero, scolpito sopra una porta, sua sorella prese il braccio di Maironi.

“Andiamo„, diss’ella, e raggiunsero il custode ancora piantato lì ad aspettare sull’altra porta che mette allo scalone.

Dessalle, pur guardando la stella, se ne avvide e si rannuvolò. Egli teneva sua sorella, maggiore di lui, per la donna più bella, più affascinante e insieme di più alto animo e di più sicuro giudizio che fosse al mondo. Gli pareva strano che cia-