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80 capitolo secondo.

scosto nelle nuvole giallognole ravvivavano il giardino sonnolento, lucevano sulla umida gradinata della villa, dove don Giuseppe stava mostrando a Maironi con un sorriso triste la scena dei piani sfumanti di qua sino ai grandi coni azzurrognoli degli Euganei, di là sino alla sottile parete soleggiata dei Berici, e il giardino da lui pensato, disegnato, gittato sul rustico piano e sul colle selvaggio, abbellito via via, d’anno in anno, vagheggiato nel suo futuro fiore non per sè ma per dilette anime partite dalla terra, contro l’antivedere umano, prima di lui.

“Ecco„, diss’egli accennando con una mano agli Euganei, “Praglia è là„.

Per venire da don Giuseppe, Maironi aveva detto in casa che si pigliava un giorno di riposo e che desiderava rivedere l’Abbazia benedettina di Praglia. Adesso aveva poca voglia di andarci. Don Giuseppe lo incoraggiò. Era così magnificamente triste, l’antico monastero! Era così propizio, nella sua maestà cinta di solitudine, ai pensieri di cui Maironi aveva maggior bisogno! Il vecchio si animava tutto in viso parlando dei cortili eleganti e severi, della Crocifissione di Bartolomeo Montagna che stava nel refettorio e anche dell’indegno abbandono in cui l’insigne monumento era lasciato dal Governo, degli strazi maggiori che si temevano allora e che