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66 | capitolo iii |
che tutte le nostre prudenze non serviranno a niente?»
«Ma no, mamma, questo non si sa ancora, questo non si può dire!»
Mentre Luisa parlava così, Franco che stava nel salotto col curato ne uscì per abbracciar lo zio.
«Dunque?» disse questi stendendogli la mano, perchè gli abbracciamenti non erano di suo gusto. «Cosa è successo?»
Franco raccontò l’accaduto velando un poco le espressioni della nonna che potevano riuscire troppo offensive ai Rigey, tacendo affatto la minaccia di non lasciargli un soldo, accusando quasi più la suscettibilità propria che l’insolenza della vecchia, confessando finalmente di aver fatto conoscere, di proposito, la sua intenzione di star fuori tutta la notte. Ciò non poteva a meno di condurre la nonna a scoprir tutto subito, perchè lo avrebbe interrogato su quest’assenza, ed egli non voleva mentire, e tacere era come confessare.
«Senti!» esclamò lo zio con l’accento vibrato e con la faccia spanta del galantomone che, soffocando in un viluppo di cautele e di dissimulazioni, vi mena dentro due gran gomitate, se ne disbriga e respira: «Vedo che hai avuto torto d’irritar la nonna perchè, cosa mai! Bisogna rispettare i vecchi anche nei loro errori; capisco che le conseguenze saranno pessime; ma son più contento così e sarei più contento ancora se tu avessi già detto a tua nonna le cose chiare e tonde. Questo segreto,