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solenne rullo 513

una espressione di contentezza persino sul ventre pacifico. «Ciao, neh» diss’egli e gli prese le mani, gliele scosse tenendolo a distanza. Non avrebbe voluto baci, come se in quel momento significassero ringraziamenti; ma non potè difendersi dall’impeto di Franco: «Figurati», diss’egli appena svincolatosi dalle braccia del giovane «se una Maironi può viaggiare senza maggiordomo! Son poi anche venuto ad arruolarmi nei bersaglieri.» E l’uomo stanco discese le scale dicendo che andava a ordinare il pranzo.

Non v’era canapè nella stanza degli sposi. Franco trasse Luisa a sedere sul letto, le sedette accanto, le cinse con un braccio le spalle, incapace di un discorso qualsiasi, non sapendo dire che «ti ringrazio, ti ringrazio» non trovando che impetuose carezze, impetuosi baci, nomi di tenerezza. Luisa tremava a capo chino, non gli rispondeva in alcun modo ed egli si frenò, le prese il capo come una cosa santa, le andò sfiorando con le labbra, qua, là, i capelli bianchi che vedeva. Ella capì che cercava i capelli bianchi, intese quei timidi baci, si commosse, le parve sentirsi sgelare il cuore, fu presa da sgomento, volle difendersi più contro sè stessa che contro Franco. «Sai» disse «ho il cuore tanto freddo, non volevo neanche venire, non volevo lasciar Maria nè che tu avessi l’amarezza di trovarmi così. È stato causa lo zio che venissi. Voleva venir solo e allora mi sono decisa.»

Dette le parole crudeli, sentì levarsi dai suoi