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solenne rullo 511

famiglia inglese. Pareva l’isola del Silenzio, del resto. Il lago le taceva intorno immobile, la spiaggia era deserta, sui ballatoi delle povere vecchie casucce ammonticchiate sul porto, fra un bastione rotondo del giardino e l’albergo, non si vedeva persona viva. Gl’inglesi erano fuori, in barca; l’albergo taceva come la riva e l’acqua. I nuovi venuti ebbero due camere grandi del secondo piano, a mezzogiorno, di fronte al malinconico stretto fra l’isola e la costa boscosa che va da Stresa a Baveno. La prima camera, sull’angolo di ponente, aveva una finestra verso la chiesetta di S. Vittore, che sorge a fianco dell’albergo, e l’isolotto lontano dei Pescatori. Lo zio Piero si piantò a quella finestra contemplando l’isolotto, il mucchietto di case sporgente dallo specchio del lago e appuntato in un campanile, le grandi montagne di Val di Toce e di Val di Gravellone, mezzo nascoste da una nebbiolina penetrata di sole. Luisa, visto che lì v’eran due letti, passò rapidamente nell’altra camera dov’era un’alcova con due letti pure. «Ecco» disse lo zio Piero entrandovi un momento dopo «questa va bene per voialtri.» Luisa domandò sotto voce all’albergatore se non si potessero avere tre camere invece di due. No, non si potevano avere. «Ma se così va bene! Ma se così va benone!» ripeteva lo zio. «Voi qui e io là.» Luisa tacque e l’albergatore se n’andò. «Non vedi che hai l’alcova come a casa?» Non gli veniva in mente, all’uomo patriarcale, che per Luisa la sola vista di