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solenne rullo | 505 |
e fiocchi. Molti ne passarono davanti a Oria, grandi e veloci, altri si buttarono alla costa, il grosso ripiegò verso l’ultimo levante; colà, dietro e sopra un pesante sipario bianco, le montagne del lago di Como sorsero gloriose nel sereno.
Lo zio Piero chiamò Luisa perchè vedesse lo spettacolo, l’ultima scena splendida del dramma, il trionfo del sole, la fuga delle nebbie, la gloria delle montagne. Egli ammirava patriarcalmente, senza finezze di senso artistico ma con calor giovanile, con sincera enfasi di voce, da vecchio che ha vissuto castamente, che non ha sciupata la freschezza del cuore, che conserva una certa innocenza d’immaginazione. «Guarda, Luisa», esclamò, «se non bisogna dire: Gloria al Padre, al Figliuolo, allo Spirito Santo!» Luisa non rispose, si allontanò subito per non veder quel recinto bianco, di là dall’orto, che l’attirava con violenza, con una tacita voce di rimprovero e di dolore. Ella vi era andata alle sei, vi aveva passata un’ora nella nebbia, seduta sull’erba fradicia.
Lo zio rimase in contemplazione sulla terrazza fino al momento di partire. S’egli fosse stato un poeta presuntuoso avrebbe supposto che la Valsolda gli desse il buon viaggio con uno spettacolo d’addio, volesse mostrarglisi bella come forse non l’aveva veduta mai; ma queste fantasie poetiche a lui non venivano e poi si trattava di un viaggio così breve! No, gli passò invece nella mente l’immagine di Maria, l’idea di vedersela capitar cor-