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il savio parla | 487 |
carle volontariamente un’afflizione. Luisa non rispose ma il professore durò fatica a impedire che gli baciasse la mano. Mentre egli collocava in mezzo alla stanza il tavolino e le due sedie, ella sedette sulla poltrona, come oppressa.
«Ecco» fece il professore.
Luisa si levò di tasca e gli tese una lettera.
«Ho tanto bisogno di Maria e di Lei, stasera!», diss’ella. «Legga, è di Franco. Può cominciare dalla quarta pagina. Il professore non intese queste ultime parole, si accostò al lume e lesse ad alta voce:
Torino, 18 febbraio 1859.
«Luisa mia,
«Sai che non mi hai scritto da quindici giorni?»
«Questo lo può saltare», interruppe Luisa, ma poi si corresse. «No, legga pure, è meglio.» Il professore continuò:
Ecco la terza lettera che io ti mando dopo ricevuta la tua del 6. Sono stato forse, nella prima, troppo vivace e ti ho ferita. Benedetto temperamento il mio, che non solo mi fa dire parole troppo vivaci quando il sangue mi si riscalda, ma me le fa anche scrivere! E benedetto sangue che a trentadue anni suonati si riscalda come a ventidue! Perdonami Luisa, e permettimi di ritornare sull’argomento onde riprendermi quelle parole che hanno potuto offenderti.