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sdegnosamente quel perdono; ora, con la dolce Maria nel cuore, non poteva essere così. Aveva però notato che la nonna si era rivolta, col suo perdono, a lui solo. Questo no, non glielo poteva permettere.

«Mia moglie, lo zio di mia moglie ed io abbiamo sofferto molto», diss’egli, «prima dell’ultima sventura; e adesso abbiamo perduto tutta la nostra consolazione. Lo zio Ribera, lo metto fuori di causa; davanti a lui bisogna che ci inchiniamo, tu, io, tutti; ma se mia moglie ed io abbiamo delle colpe verso di te, perdoniamoci a vicenda.»

Era un boccone amaro; la marchesa lo trangugiò e tacque. Benchè non vedesse più la morte al suo capezzale aveva però nel cuore lo sgomento dell’Apparizione e di certe parole del Prefetto che l’aveva confessata. «Farò testamento» diss’ella «e desidero che tu sappia che tutta la roba Maironi sarà per te.»

Ah marchesa, marchesa! Misera, gelida creatura! Credeva ella di aver comperato la pace con questo? Qui veramente aveva sbagliato anche il Prefetto perchè il consiglio di far questa dichiarazione al nipote gliel’aveva dato egli, buon galantuomo ma privo di tatto, incapace di comprendere l’alto animo di Franco. A Franco l’idea che si potesse credere esser egli venuto per interesse, riuscì intollerabile. «No no» esclamò fremendo tutto e temendo del proprio sangue focoso «no no, non mi lasciar niente! Basta che tu faccia pagare i miei