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morto e ci volle del buono perchè arrivasse a gemer sottovoce «ahi, ahi!» «L’è niet, l’è nient» gli diceva V. con la solita flemma canzonatoria. «Sono scosse che fanno bene. Vedrà. Lü adess al se drizza in pee ben polito e viene con noi in Colmaregia. Vedrà come va bene. Non ho adoperato questo a posta.» E gli mostrò la chiave. «Oh che pugno!» gemeva la guardia. «Oh che razza di pugno!»

«La salita è un po’ maledetta» riprese l’avvocato pigliando la carabina dalle mani di Pedraglio. «Ma noi Le terremo su, con licenza, il di dietro con questo affare qui. A questa maniera si va su che l’è un piacere. Poi Lei viene giù con noi a Brè. La carabina gliela portiamo noi. Lei, per compenso, ci porta una piccola gerla. Parli polito? Andemm, marsch!»

Il disgraziato non riusciva a mettersi in piedi e non si poteva certo lasciarlo lì a rischio che poi si mettesse a chiamar aiuto. «Mincion!» fece Pedraglio. «Ghet daa tropp fort!» V. rispose che gli aveva dato un pugno da donna, restituì la carabina all’amico e ghermita la guardia per il colletto dell’uniforme, la tirò in piedi, le fece imbracciare la gerla. «Andem, lizòn» diss’egli. «Poltronaccio, andiamo!»

Su tra il nebbione freddo e denso, su, su. L’erta è ripidissima, si dura fatica a piantar la punta del piede fra i ciuffi dell’erba molle, si sdrucciola, si lavora di piedi e di mani, ma fa niente, su, su,