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466 | parte ii - capitolo xiii |
bosco. Egli era stato due volte sulla Colmaregia, il superbo, sottile vertice erboso del Boglia, tagliato per metà dalla linea di confine; sapeva ch’era possibile scendere di lassù al villaggio svizzero di Brè e risolse di tentar quella via. Sulla cresta che ascende dal faggio della Madonnina verso la Colmaregia non si vedeva nessuno. La punta era avvolta nelle nuvole.
Pochi passi sotto il faggio i due furono colti da un’ondata di nebbia che venuta su per un versante si riversava rapidamente per l’altro, una nebbia fredda e densa, un «Dio fece» disse V. Non si vedeva niente a cinque passi. Così avvenne che, presso al faggio, Pedraglio andò quasi a urtare una guardia di finanza.
Era uno dei quattro e aveva la consegna di sorvegliare la lista scoperta fra la cresta del monte e il bosco. Visto l’ometto dal cappellone, fece: «In Boglia, signor....?». L’avvocato si sbarazzò immediatamente della gerla. Infatti la guardia non compiè la frase, restò un momento a bocca aperta, poi esclamò: «Come?». L’avvocato non aspettò altro. «Così» diss’egli, placidamente; e raccoltisi sul petto i due pugni in uno ne menò a colui nello stomaco una terribile puntata che lo buttò sul prato a gambe all’aria. Pedraglio gli saltò subito addosso, gli strappò la carabina. «Se gridi, cane, ti brucio» diss’egli. Ma che gridare? Con un pugno di V. nello stomaco non c’era, per un quarto d’ora, neanche da tirare il fiato. Infatti l’uomo pareva