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462 | parte ii - capitolo xiii |
non ne trovano nuove tracce, perchè lo cercheranno su tutti i sentieri che da Castello menano al confine e non mai sulla via di Cressogno.
Pedraglio e l’avvocato fecero il primo tratto di strada, da Albogasio alle stalle di Püs, strisciando su per la ripidissima erta come gatti, a passi lunghi e cauti. L’avvocato camminava in silenzio, l’altro malediceva continuamente, sotto voce, il suo vestiario, «el loder d’on cappell» che gl’invischiava la fronte d’unto, «el boia d’on marsinon» che gli puzzava di troppi sudori antichi. Sino a Püs non incontrarono anima nata. A Püs una vecchia uscì tra le stalle un momento dopo ch’eran passati, disse stupefatta: «sü per de chì, scior Giacom? A st’ora?» L’avvocato mormorò: «boffa!» e l’altro si mise a soffiar «apff! apff!» come un mantice. «Se perd el fiaa per sti strad chì, cara lü» disse la vecchia. Non incontrarono più nessuno fino alla Sostra.
La Sostra è una stalla a mezza montagna, circa, con un fienile, un portico e una cisterna, alquanto in disparte dalla strada. Quella strada è la più dannata che sia in Valsolda, farebbe cacciar la lingua a uno stambecco. Pedraglio e l’avvocato, trafelati, grondanti di sudore, entrarono un momento alla Sostra. Anche lì silenzio e deserto. A quell'altezza si respirava già un’aria diversa. E come tutte le cime all’intorno si erano abbassate! Come il lago, giù nel profondo, pareva diventato un fiume! L’avvocato guardava su amorosamente alla prima