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e non cedette. Gli venne in mente che il Prefetto era pratico di tutti i sentieri come una lepre. «Va tu!» gli diss’egli. «Accompagnali tu!» Il Prefetto stava per rispondere che forse la marchesa potrebbe aver bisogno di lui, quando l’avvocato fece: «zitto! guardate».

Proprio davanti alla casa, dove l’ombra del monte Bisgnago si profilava sull’acqua ondulando, c’era una barca ferma. Franco riconobbe la lancia delle guardie di finanza.

«Scommetto che quei porci là ci fanno la guardia» mormorò Pedraglio. «Temono che si scappi in barca. Almeno spiano!»

«Zitto!» fece ancora l’avvocato affacciandosi alla finestra verso il sagrato.

Tutti tacquero, trattenendo il respiro.

«Fioeui!» disse V. scostandosi bruscamente dalla finestra: «Ghe semm!» Franco andò alla finestra, vide un uomo solo che veniva correndo, credette a un falso allarme; ma l’uomo, quel tale che portava il nomignolo di «lègora fügada» che vedeva e sapeva tutto, gli gittò, passando sotto la finestra, due parole: «La forza!» Si udirono in pari tempo i passi di molte persone. Franco esclamò «con me! anche tu, Prefetto!» Si slanciò, seguito da tutti, nel cortiletto ch’è tra la casa e il monte, raggiunse, passando per una legnaia, la scorciatoia che mette ad Albogasio Superiore. Faceva così scuro che nessuno si accorse di una guardia di finanza appostata con la carabina in pugno a due