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fantasmi | 443 |
schifoso, il proprio. Perciò il suo rosario era lungo assai. I peccati dolci della protratta gioventù non le pesavano troppo sulla coscienza; ma qualche grossa furfanteria d’altro genere, misurabile in lire, soldi e denari, mal confessata e quindi mal perdonatale, le dava una molestia sempre compressa a furia di rosari e sempre rinascente. Mentre chiedeva al Creditore Grande la remissione de’ suoi debiti gli pareva ch’Egli avesse facoltà d’accordarla intera; invece dopo le si levavano da capo in mente le facce crucciose dei creditori piccoli, ritornava con esse il dubbio del perdono, e la sua avarizia, la sua superbia avevano a lottare con il terrore di un carcere perpetuo per debiti, oltre la tomba.
Recitare le preghiere per la conversione dei peccatori e quelle per la guarigione degl’infermi, prima di venire ai Deprofundis, annunciò tre Avemarie nuove secondo la sua intenzione. La guattera, una semplice pia contadina di Cressogno, suppose che le tre Avemarie fossero domandate per quei poveretti di Oria e le recitò con tutto lo zelo. Le avemarie della guattera urtarono e dispersero quelle della padrona, che chiedevano sonno, riposo di nervi e di coscienza. Quanto alle avemarie degli altri, esse furono dette secondo la loro comune intenzione che non restassero, come troppo spesso accadeva, definitivamente appiccicate al rosario. Nessuna insomma potè arrestare lo spettro nel suo cammino.